Dopo aver scritto l’articolo dedicato all’importanza di condividere con i nostri bambini e ragazzi tematiche (ed eventi che accadono nella quotidianità) delicate e importanti per la loro crescita psicologica, ho pensato di aggiungere alcuni suggerimenti pratici. Spesso infatti ci si domanda “quali parole posso usare?” oppure “come faccio a fargli capire cosa voglio dire?”.

Spesso abbiamo  paura di non dire le cose giuste o dirle nel modo sbagliato, di commettere errori o peggio di fare un danno.
Queste insicurezze sono normali, perché davanti a noi abbiamo un bambino che ci ascolta, e crede in noi. Vogliamo aiutarlo, dicendo le cose giuste.

 

Ciò che fa davvero la differenza non è solo il tipo di vocabolario che utilizziamo (anche se è importante e deve essere adeguato all’età, lo vedremo nel corso dell’articolo), ma la nostra capacità di sentire e trasmettere delle emozioni mentre raccontiamo e spieghiamo loro qualcosa.

 

Proprio recentemente ho guardato un cartone animato sulla Giornata della Memoria con i miei figli e mi sono commossa. Le mie emozioni, a loro ben visibili e leggibili, ci hanno permesso con naturalezza e senza fretta di capire insieme i significati di quanto stavamo guardando (e vivendo) insieme.

Certamente, è necessario che l’adulto sia consapevole di quanto va dicendo e affrontando, e che non sia in preda a emozioni troppo forti, che possano prendere il sopravvento. In tal caso, è bene prendere una pausa per recuperare la giusta serenità, che permetta un dialogo intenso, ma comunque disteso e costruttivo.

Avere fiducia nei bambini e nei ragazzi è l’altro aspetto essenziale per poter comunicare con loro, al fine di trasformare un “discorso” in un dialogo che piano piano si arricchisce e diventa più complesso.

 

A ogni età corrisponde un’opportunità

Sulla base degli stadi di sviluppo delineati dallo psicologo svizzero Jean Piaget e degli innumerevoli altri studi ed osservazioni a riguardo, sappiamo che il bambino attraversa delle fasi di sviluppo del pensiero che, via via, diviene più complesso e articolato.

Sino ai 7 anni circa, il bambino non è ancora in grado di mettersi realmente nei panni dell’altra persona, il suo pensiero è ancora molto rigido e non ha ancora imparato a considerare contemporaneamente gli aspetti diversi di una situazione.

È tra i 7 e gli 11 anni che il bambino comincia a prendere in considerazione le intenzioni, le relazioni sociali. Il pensiero è ancora molto concreto.

Dagli 11 ai 15 anni circa, il bambino diventa adolescente e impara a prendere in considerazione idee astratte, il futuro e le diverse possibilità. Diventa capace di valutare le questioni da differenti punti di vista e vedere come i problemi si connettono in un insieme più ampio di relazioni sociali, impara a discutere delle questioni morali e politiche. Ad esempio inizia domandarsi se esistano diritti fondamentali e inalienabili, o come dovrebbe essere una società ideale. Inizia a prendere posizione rispetto a quello che incontra, ascolta, vede.

Con il raggiungimento dei 15 anni, il pensiero diventa logico, astratto, flessibile e continua a svilupparsi sino all’età adulta.

Come raccontare

Sia che si utilizzi lo stimolo fornito da un film, da un libro o semplicemente dal racconto spontaneo, è indispensabile adeguare il racconto alle possibilità di comprensione e alla sensibilità del bambino, che mutano in funzione dell’età e della maturità psicologica.

Esistono quindi diversi modi di spiegare eventi dolorosi come la Shoah, gli episodi di razzismo o di sofferenza: l’importante è offrire una esperienza che consenta ai bambini di esprimere tutti i loro dubbi, le loro domande sulle cose che vengono raccontate.

 

Con bambini sotto i 6 anni è difficile parlare di argomenti così delicati e lo si può fare solo se se ne crea l’occasione, in quanto bisogna evitare di spiegare dettagliatamente di cosa si è trattato, limitandosi a far capire al bambino che vogliamo che non si ripetano più tali cose brutte.

Dai 6-7 anni si può iniziare a trattare gli argomenti, senza scendere nei particolari, concentrandoci sul far capire loro che ci sono (o ci sono state) delle situazioni in cui le persone compiono dei gesti sbagliati e grosse cattiverie. È importante che sentano la nostra presenza e siano rassicurati dalle nostre parole e dai nostri gesti.

L’obiettivo è aiutarli a riflettere sulle ingiustizie, per evitare che i bambini possano averne paura quando esposti (ad esempio guardando la TV, o sentendo i discorsi tra adulti).

È crescendo che i bambini imparano a elaborare autonomamente ciò che hanno sentito e visto ponendosi, e ponendo a noi, delle domande.

 

In pratica, con i bambini tra i 7 e gli 11 anni è importante stabilire una comunicazione che li aiuti a:

  • favorire lo sviluppo di somiglianze e differenze con le esperienze che si stanno raccontando (ad esempio, parlando delle persecuzioni razziali, può essere utile soffermarsi sull’essere costretti a lasciare la propria casa, il doversi nascondere, il dover fingere la propria identità), al fine di stimolare i processi di identificazione;
  • evitare resoconti raccapriccianti e arricchiti da particolari cruenti, che non sono necessari alla comprensione e fomentano invece la paura e il distanziamento;
  • fare dei collegamenti tra le esperienze del passato con ciò che avviene oggi (ad esempio, tra le persecuzioni degli ebrei e gli episodi attuali di razzismo oppure di bullismo);
  • consentire, e se possibile, facilitare il dialogo, permettendo che il bambino interrompa la spiegazione con le sue domande e riconoscendo le emozioni che può sentire con simili racconti.

È inoltre necessario prestare attenzione alle reazioni del bambino, accogliendone i feedback (espressioni facciali, smorfie, commenti…), poiché ci consentono di capire cosa hanno compreso o come stanno interpretando ciò che stanno ascoltando.

Non dobbiamo inoltre saturare tutto lo spazio comunicativo, ma fare delle pause, all’interno del quale il bambino senta di potersi inserire liberamente.

 

È con i ragazzi che possiamo iniziare a parlare, mediante l’uso di metafore, utilizzando un linguaggio corretto, di questo argomento; a partire dagli 11-12 anni, i ragazzi possono elaborare, accettare e comprendere anche gli aspetti più complessi (nulla avviene all’improvviso o per caso, le azioni hanno delle cause e dunque degli effetti).

Trasmettere il proprio punti di vista

Con il racconto trasmettiamo anche i nostri pensieri e il nostro punto di vista, sia direttamente attraverso il linguaggio che utilizziamo, sia in modo più inconsapevole, mediante il nostro modo di porci. È dunque importante essere sereni e pronti a rispondere alle domande che possono metterci direttamente in discussione (i bambini talvolta chiedono direttamente se sia stata giusta o meno una determinata azione, oppure il perché di certe atrocità, oppure si commuovono o si arrabbiano e si aspettano una nostra reazione Ogni nostra risposta deve rassicurarli e tranquillizzarli).

La condivisione del racconto è anche uno strumento di tutela

É importante che l’adulto abbia fiducia nelle risorse di cui ogni bambino, anche piccolo, dispone per affrontare il proprio mondo interno (fatto di emozioni non sempre piacevoli) ed anche le difficoltà del mondo esterno.

Una reale comunicazione emotiva permette al bambino di sperimentare che l’adulto è un punto di riferimento, che permette al bambino di maturare progressivamente la capacità di superare le difficoltà.

 

Tutelare e proteggere i bambini e i ragazzi

Tutelare e proteggere i bambini ed i ragazzi significa aiutarli a entrare gradualmente in contatto con gli eventi tragici della vita, parlandone e condividendo con loro le emozioni, le paure, i pensieri.

Essi sono in grado di accettare e comprendere nella misura in cui l’adulto riesce a dare loro la sicurezza insita nella speranza concreta che sia possibile un mondo migliore, e che tutti noi dobbiamo contribuire a costruire.

In conclusione, ciò che va comunicato a bambini e ragazzi non è il dolore di per sé, ma l’importanza di non accettare le ingiustizie e di coinvolgersi attivando una riflessione su cosa è giusto e cosa sbagliato.

Attraverso la riflessione critica, stimolata dal ricordo, possiamo insegnare ai bambini i valori indispensabili per essere cittadini attivi e responsabili: il rispetto della dignità e della libertà delle persone, l’importanza della solidarietà e dell’aiuto reciproco.