Recentemente, sono stata invitata a dialogare con un gruppo di genitori sul vasto tema relativo all’educazione dei figli. Ho respirato un’aria leggera e positiva, alimentata da genitori che, animati dalla fiducia e dalla voglia di “investire sui propri figli”, si sono messi in discussione per ricevere un’altra chiave di lettura sulle dinamiche quotidiane che si svolgono in famiglia.

Arricchita e ispirata da questa esperienza, ho deciso di scrivere questo articolo per approfondire il tanto dibattuto rapporto tra genitori e figli adolescenti.

Intanto una premessa. Quando si parla di adolescenza è facile cadere nella trappola della generalizzazione. Il tema è davvero vasto e ogni argomento merita un approfondimento. In questo articolo ho scelto di concentrare la riflessione sul rapporto genitori-figli e lasciare spazio nei prossimi articoli ad altri approfondimenti sempre connessi al grande tema dell’adolescenza.

Il rapporto genitori e figli adolescenti

L’adolescenza è l’età di passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. Così come la stessa parola ci suggerisce, adolescere in latino significa crescere.  Spesso si dice, sbagliando, che l’adolescente è contemporaneamente un bambino e un adulto.

Come ci insegna la psicoanalista E. Kestemberg, “l’adolescente in realtà non è più un bambino, ma non è ancora un adulto”.

È proprio questo che costituisce l’essenza della fase adolescenziale: il ragazzo da una parte rinnega la sua infanzia e dall’altra ricerca uno status di adulto. Necessita di spazi di libertà per poter esplorare da solo il mondo intorno a sé e per rispondere alla domanda che imperversa nella sua mente: “chi sono io?”.

In questa fase della sua vita, l’adolescente è soggetto a pressioni interne (i suoi cambiamenti fisici ed emotivi) e a pressioni esterne (i coetanei, i genitori, la società stessa). È proprio il combinarsi delle pressioni interne ed esterne a caratterizzare la complessità di questa età di passaggio.

Alla ricerca della propria identità

L’adolescente è alla continua ricerca della propria identità. Per scoprire chi è e chi vuole diventare, deve imparare a confrontarsi fuori dalle mura domestiche e ha bisogno di modelli con cui identificarsi, da imitare o prendere come esempio. I genitori non sono più le persone cui desidera assomigliare: al centro dell’interesse ora ci sono gli amici. L’adolescente è perciò costantemente in lotta contro i genitori e non perde mai l’occasione di enfatizzare gli aspetti di differenza e di opposizione.

Se il bambino non fa altro che simulare il genitore, l’adolescente invece deve e vuole differenziare se stesso in modo netto, compiendo azioni contrarie alle aspettative dei propri genitori, e per farlo mette in atto nei loro confronti comportamenti di provocazione e di sfida.

Solo così potrà trovare la sua posizione nella società e costruire un’immagine di sé via via più strutturata.

Il passaggio dalla visione positiva e “perfetta” dei genitori tipica dei bambini, verso una visione di essi più realistica ed equilibrata, nella quale ai genitori vengono riconosciuti gli aspetti positivi ma anche i limiti e le imperfezioni, avviene proprio attraverso questa fase. Tutto viene rimesso in discussione attraverso momenti di opposizione e di contrasto. Sarà con l’età adulta che potrà riscoprire e accettare le somiglianze con i propri genitori.

Il ruolo della famiglia

Nonostante reclami la propria autonomia, il ragazzo è ancora profondamente dipendente dalla sua famiglia.

Le trasformazioni del corpo, la scoperta di nuovi desideri e di nuove emozioni sono esperienze molto faticose. Sono cambiamenti che comportano la continua ricerca di significati, che lo travolgono letteralmente e per i quali non sempre è equipaggiato psicologicamente.

Mettere costantemente alla prova i genitori con i suoi comportamenti risponde al suo bisogno di sentire che in casa il suo posto è al sicuro e che l’affetto nei suoi confronti è immutato, nonostante lui non sia più lo stesso di prima.

Per i genitori può essere difficile tollerare che il figlio ora non sia più il bambino gradevole ed educato di qualche anno fa, e che in certi momenti possa rivelarsi antipatico, ribelle e provocatorio.

Cosa può fare allora un genitore di fronte a questi cambiamenti improvvisi? Non lasciarlo solo, essere disponibile ad accettare le molte sembianze che potrà assumere sino a che il figlio non troverà il suo personale modo di stare nel mondo e ci si sentirà a proprio agio. Dovrà chiudere un occhio e accogliere un taglio di capelli un po’ strano, oppure un modo di vestire eccentrico, magari simile allo stile dei suoi idoli, proponendogli dei limiti che siano ragionevoli e posti in essere solo per il suo bene, ma non frutto del proprio gusto personale.

Il compito dei genitori è ora infatti quello di accogliere con fiducia il proprio figlio, che non è più un bambino ma non è ancora responsabile e maturo come un adulto, tenendo bene a mente che se hanno fatto del proprio meglio per lui, il bambino che hanno cresciuto sino a ora non sparito, ma si trova dentro la nuova persona che si sta sviluppando. Sentire che i genitori mantengono una visione buona di lui, rinforzerà la sua autostima e lo sosterrà nel fare le scelte più sane e giuste, anche se talvolta non saranno popolari e condivise dal gruppo dei coetanei.

Superare il timore del cambiamento

Con l’adolescenza dei propri figli, i genitori devono affrontare una serie di cambiamenti nel proprio modo di relazionarsi con il proprio figlio.

Scrive lo psicoanalista Gustavo Pietropolli Charmet,

“Essere genitore di un adolescente diventa particolarmente difficile: bisogna accettare di mettersi da parte, restando nello stesso tempo presenti, a disposizione, tentando di rinnovarsi e di rinunciare ad avere, come prima, un compito soprattutto improntato all’accudimento e alla protezione”.

Questa fase di cambiamento coinvolge dunque tutta la famiglia, non solo l’adolescente.

Il proprio “bambino” ora è una persona diversa, capace di passare dall’allegria alla tristezza con grande rapidità, che un attimo prima è arrogante e un attimo dopo è amorevole e affabile. Può trascorrere ore nella propria camera in solitudine in preda alla rabbia oppure richiede di uscire sempre di casa per stare con gli amici.

È normale che i genitori si chiedano “saremo in grado?”, oppure “dove stiamo sbagliando?”, affermando di avere a che fare con una persona che non riconoscono perché così diversa nel modo di fare, talvolta di vestire, in generale così diversa dal bambino che conoscevano.

Spesso le richieste dell’adolescente sono confuse e contraddittorie, e il conflitto è all’ordine del giorno.

Se i genitori desiderano lasciare le cose come sono (com’erano), o non sono disposti  a cambiare un po’ le proprie abitudini e i propri modi di fare, involontariamente ostacolano il percorso di crescita dell’adolescente.

I genitori devono superare il proprio timore del cambiamento ed essere disponibili ad accogliere le novità e anche l’incoerenza tipiche di questa fase.

Devono accettare che d’ora in poi il loro intervento sarà diverso: meno concreto ma ugualmente presente offrendo il loro sostegno quando il figlio ne abbia necessità.

Devono provare ad avvicinarsi ai nuovi interessi del figlio, anche se sono distanti anni luce dai propri, superando la ritrosia che spesso nasconde solo la paura di essere da loro rifiutati.

 

È possibile dare dei limiti all’adolescente?

Non solo è possibile, è anche necessario.

Nonostante i cambiamenti fisici, che per alcuni sono anche molto veloci, l’adolescente non è un adulto: lotta strenuamente contro i limiti imposti dai genitori, ma ha assolutamente bisogno che il genitore non rinunci a investire su di lui per una crescita positiva. Soprattutto durante la prima adolescenza, il ragazzo ha bisogno di confrontarsi e, perché no, litigare con i propri genitori. L’adolescente, infatti, impegnato nell’affermazione di sé come essere indipendente, spesso mettendo in atto dei comportamenti che hanno lo scopo di saggiare le reazioni degli adulti di riferimento. Attraverso il modo in cui il genitore reagisce, mette alla prova l’interessamento nei suoi confronti, sonda quanto si possa spingere in là, comprende se i limiti siano reali oppure ridefinibili.

Litigare con il proprio figlio adolescente di sicuro è un’esperienza molto frustrante: da una parte, è facile  sentirsi un pessimo genitore che non riesce a comprendere i bisogni del figlio e dall’altra trovarsi a non tollerare la sua disapprovazione o sentire che invece è il figlio a non capirlo.

Sapere che è normale che i figli adolescenti ricerchino il conflitto, rifiutino a priori le regole e si oppongano è un passo importante per riuscire a risolvere le discussioni senza farle degenerare e affrontarle senza evitarle a priori.

Abbiamo visto come l’adolescente in questa fase sia alla ricerca della propria identità: per poter maturare un modo di essere forte e flessibile è necessario che capisca fino a dove si possa spingere. La casa è il contesto più sicuro in cui “fare le prove” per scoprire veramente ciò che pensa; gli scontri sono occasioni per sperimentare che i conflitti si possono risolvere. Se evitiamo di discutere con loro, cediamo alla nostra fatica o alla nostra insicurezza, l’adolescente non potrà sperimentare che i problemi sono risolvibili ed è probabile che crescerà con il timore di confrontarsi oppure, di contro, adotterà modalità eccessivamente autoritarie e non imparerà la mediazione.

Porre dei limiti e restare fermi

In certi momenti è necessario che i genitori pongano dei limiti con fermezza. Se l’adolescente intraprende condotte rischiose, si sta avviando su una strada negativa,  o fa delle scelte sbagliate, l’adulto di riferimento deve stabilire dei limiti riaffermando il proprio ruolo di supporto alla crescita del figlio. I genitori devono continuare a essere genitori, evitando di assumere ruoli troppo amicali (alla pari) nel tentativo di conquistare l’approvazione del figlio adolescente, poiché la loro capacità di dire un no necessario con fermezza è una rete di protezione che fa sentire al sicuro l’adolescente confuso e impaurito.

L’importante è saper distinguere se la posizione presa è per l’interesse reale del figlio, o se invece è frutto delle proprie insicurezze o aspettative su di lui.

 

A volte distinguere la provocazione e la ribellione dall’insorgere di problematiche serie non è per nulla facile, ed è proprio in questi casi che richiedere l’aiuto di un esperto è fondamentale.

 

Tra limiti e castighi c’è una bella differenza

Privare l’adolescente degli oggetti e delle esperienze cui tiene non è il modo migliore per aiutarlo a crescere. Farlo può compromettere una buona comunicazione e innescare meccanismi in cui i ragazzi nascondono i problemi per la paura di essere ripresi e sanzionati.

Sottrarre la consolle dei videogiochi, il telefono cellulare, negare per un po’ le attività sportive e le uscite con gli amici spesso diventano una moneta di scambio o una punizione per i comportamenti scorretti dei figli. Ciò di certo non li aiuta a riflettere e a tentare di recuperare, ma acuisce soltanto la loro frustrazione. Ciò, anziché scoraggiare i comportamenti negativi,  può portarli invece a raffinare le proprie tecniche per “non farsi scoprire”. Possono sentire i propri genitori come dei giudici inflessibili da cui mantenere le distanze, perché “tanto non capiscono nulla”, oppure “tanto il potere è in mano loro”, oppure “mi puniranno comunque, chissenefrega!”.

Lo strumento con cui invece i genitori possono far riflettere i propri figli ed evitare che il comportamento si ripeta è di natura affettiva. Il genitore che non nasconde la propria delusione e mostra chiaramente al figlio il proprio rammarico e la propria perdita di fiducia lo costringe a fare i conti con il rischio di perdere la stima del genitore stesso e l’avergli causato tristezza o preoccupazione.

Non sono il ricatto o la punizione ad aiutarli a crescere in modo armonico, ma  il sapere che il loro bisogno di avere un posto in famiglia e di essere amati non è messo in discussione. Ovviamente i ragazzi contestano e continueranno a farlo, probabilmente non daranno mai apertamente ragione ai genitori, ma ciò non toglie che ascoltino e possano comprendere per poter scegliere il modo migliore di fare per il futuro. Tutto questo fa parte dell’avventura della crescita..

Per poter aiutare i propri figli a vivere in modo armonioso il periodo adolescenziale, bisogna  ricordare che l’adolescenza non è solo un periodo di crisi, ma anche e soprattutto un periodo di grandi opportunità.

L’adulto deve dunque incoraggiare il figlio a scoprire e valorizzare la creatività che fa parte del percorso adolescenziale: con un corpo nuovo tutto da scoprire, l’adolescente deve spingersi sempre più in là verso la conquista di nuovi spazi di autonomia e nuovi ruoli che lo condurranno alla fase successiva, l’adultità.